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La stampante, il finlandese e i pinguini

Presentiamo la traduzione di un breve estratto dal bel libro di Florent Latrive Du bon usage de la piraterie, (Del buon uso della pirateria). _Una versione audio in formato .ogg (1,51 Mb) si può trovare a ques to indirizzo: http://nilocram.altervista.org/mate...

Il libro è stato pubblicato in formato cartaceo dalle Editions Exils nell’ottobre 2004 ed è distribuito anche su Internet con licenza Creative Commons BY-NC-SA.

Per acquistarlo o per scaricarlo si può andare a questo indirizzo: http://www.freescape.eu.org/piraterie

La stampante, il finlandese e i pinguini

Ma da dove vengono i software liberi? Alla fine degli anni 70, il laboratorio di intelligenza artificiale del Massachussets Institute of Technology riceve una nuova stampante di marca Xerox che soffre di un problema ricorrente: l’inceppamento della carta. Richard Stallman, uno degli informatici, cerca di recuperare il codice sorgente [1] del programma che gestisce la stampante e di modificarlo per riparare gli errori presenti nella sua progettazione. E’ così che Stallman e gli altri informatici della sua generazione hanno sempre fatto. Ma i tempi sono cambiati e il codice del software della stampante non è disponibile, è di proprietà della Xerox e l’azienda non ha intenzione di farlo toccare da chiunque. La stampante continuerà a incepparsi e Stallman ne ricaverà una certa avversione per i software « proprietari » protetti da un copyright restrittivo. Quando nel 1985 lascia il MIT, fonda la Free Software Foundation dedicata alla messa a punto di software liberamente copiabili e modificabili.

« Credo che la regola fondamentale sia che se amo un programma, devo condividerlo con altri che lo amano . Gli editori di software cercano di dividere e conquistare gli utenti, impedendo a ciascuno la condivisione con gli altri. Io mi rifiuto di rompere così la solidarietà con gli altri utenti », scrive Stallman in un manifesto di fondazione [2] .

Il primo obiettivo dell’americano sarà la creazione di un completo sistema operativo (OS, operating system) per computer, un progetto chiamato GNU [3] . L’OS è il software fondamentale di ogni macchina che permette di accedere agli elementi del computer (tastiera, schermo, memoria...) e di fare girare i programmi. E’ una risorsa strategica e in questo senso è oggetto delle più accanite battaglie dell’ high tech, perché è impossibile creare nuovi programmi senza disporre di un accesso alle informazioni di base del sistema operativo. L’accesso senza restrizioni al sistema operativo è la condizione necessaria per lo sviluppo di nuovi servizi e programmi . Non è un caso che Microsoft abbia avuto due processi anti-trust, uno negli Stati Uniti, l’altro in Europa, per aver abusato del suo controllo su Windows. L’azienda di Gates ha preso l’abitudine di eliminare i suoi concorrenti restringendo l’accesso alla sua piattaforma, non diffondendo alcune informazioni o accorgimenti tecnici in modo da favorire i propri programmi . Questo potere di restrizione è la conseguenza diretta della proprietà esercitata sull’OS, che fornisce a Microsoft il controllo di Windows.

Volendo creare un sistema operativo aperto a tutti, Stallman fu rallentato nel suo progetto da problemi di salute . Nel 1991 Linus Torvalds, uno studente finlandese dell’università di Helsinki, si concentra sul suo lavoro per dare l’ultimo tocco a GNU e realizza Linux, il nocciolo del sistema operativo, l’ultimo pezzo del sistema . E’ l’inizio di GNU/Linux [4] , destinato a una folgorante crescita . Migliaia di programmatori in tutto il mondo danno il loro contributo . Una decina d’anni dopo essere stato messo a disposizione per la prima volta , Linux, simboleggiato dalla sua mascotte il pinguino Tux, è il concorrente numero uno di Microsoft. Nel mercato dei server - quei computer indispensabili per far funzionare i siti web, i database ecc. - l’OS ha una crescita di più del 50% ogni anno. E il successo del software libero non si limita ai sistemi operativi . La suite per ufficio Office (word processor, foglio elettronico...) di Microsoft è insidiata dalla concorrenza di una versione libera, OpenOffice. Il principale software che permette la diffusione dei siti su Internet si chiama Apache e si adatta e modifica seguendo i bisogni degli utenti . Microsoft, che propone una propria versione di questo tipo di programma, non è mai riuscita ad imporlo . Nel febbraio 2004, più del 67% dei server funzionavano con Apache, contro il 21% del programma dell’azienda di Bill Gates [5].

Naturalmente, la gratuità non è la sola ragione del successo del software libero. La realizzazione di programmi in maniera decentrata, cooperativa, fondata sul libero accesso, ha portato a dei progetti di qualità almeno equivalente a quella di prodotti muniti di copyright e di restrizioni di accesso. E’ soltanto per una preoccupazione di carattere economico che la borsa di New York utilizza Linux per la gestione dei suoi database ? Il lavoro cooperativo e decentrato si è sviluppato sul modello della scienza aperta che abbiamo già considerato, in esso la valutazione tra pari ha fatto fallire in fretta i programmi mal assemblati, i progetti traballanti, i programmatori mediocri . Ai sostenitori della proprietà, la pretesa matrice di ogni creazione, le reti offrono spesso delle crudeli mortificazioni, dimostrando che la circolazione aperta del codice e delle regole di scambio può vincere sulla ritenzione e sull’appropriazione.

La « sinistra d’autore » o il copyleft La qualità delle tecnologie dei software liberi non deve nascondere l’essenziale. La principale innovazione di Richard Stallman non è tecnica, ma giuridica e politica . Quando ha fondato la Free Software Foundation, non si è limitato a scrivere migliaia di righe di codice. Ha creato uno strumento legale: la GPL (General Public license), un contratto legato a ogni software libero che garantisce esplicitamente le libertà degli utenti . Per capire l’importanza della GPL occorre ricordare che il diritto d’autore o copyright si concentra sui diritti garantiti all’autore. Quelli del pubblico sono quasi inesistenti : per default ogni opera, programma o altro, appartiene al suo autore. Gli utenti, lettori o ascoltatori, non hanno altri diritti che quelli concessi esplicitamente . Con la GPL, Stallman ha perciò interpretato il ruolo del proprietario, ma invece di precisare quello che l’utente non può fare, la licenza definisce ciò che può fare.

All’occorrenza, vengono definite quattro libertà e un obbligo: la libertà d’uso, la libertà di copia, la libertà di modifica , la libertà di diffondere le proprie modifiche, l’obbligo di mantenere la GPL su tutti i programmi derivati. Quest’ultima disposizione garantisce che tutti quelli che si basano su un software libero per creare un nuovo programma devono a loro volta rispettare le quattro libertà garantite dalla licenza.

La General Public License di Stallman è la più diffusa tra le licenze di software a libero accesso. Ne esistono anche delle altre, ma prevedono soltanto le quattro libertà e nessun obbligo. Queste vengono difese dai loro promotori in nome del principio che sarebbe sconveniente obbligare le persone a essere « libere » . Se qualcuno non vuole ridistribuire liberamente i suoi lavori, deve essere messo in condizione di farlo. Queste licenze, a volte chiamate « open source » (in opposizione alle licenze « libere »), ottengono spesso il favore degli industriali perché permettono loro di riappropriarsi del lavoro degli sviluppatori senza essere obbligati a diffondere in libero accesso i programmi risultanti. Il presidente di Microsoft, Steve Ballmer, ha perciò definito la GPL « un cancro » [6] , perché funziona in maniera virale, contaminando con le sue regole di apertura tutti i software che tocca. Insomma, Microsoft apprezza il libero accesso quando questo l’autorizza a riprodurre il lavoro degli altri, ma non quando si tratta del proprio lavoro, plagiando così la vecchia antifona sovietica: « tutto quello che è mio è mio, tutto quello che è tuo è negoziabile » .

Tuttavia i sostenitori della GPL e i difensori delle licenze [7] « open source » sono d’accordo sull’essenziale di fronte alle regole classiche della proprietà intellettuale. Non « eliminano il diritto d’autore , ma se ne servono in maniera in qualche modo sovversiva, per realizzare la condivisione dell’informazione e del suo utilizzo », osserva il professore di diritto Michel Vivant [8] . Si tratta proprio di un sovvertimento perché il software libero non attacca frontalmente gli usi e costumi del copyright, ma si inserisce nel cuore stesso del dispositivo, imponendo dei valori che l’applicazione classica della proprietà intellettuale ignora, come il libero accesso, la libera circolazione e la libera appropriazione . Per scherzare, si parla allora di copyleft o di sinistra d’autore, per sottolineare allo stesso tempo la conformità di questo modello all’organizzazione più generale della proprietà intellettuale e la radicalità con cui modifica il senso dei suoi vincoli.

Il bazar e le sue regole

Il successo del modo di produzione del software libero - chiamato stile Bazar in contrapposizione allo stile Cattedrale [9] delle imprese gerarchizzate seguaci dell’appropriazione - non si è verificato per caso. L’affermarsi di Internet presso il grande pubblico è evidentemente uno degli elementi chiave della spiegazione . Le reti hanno assicurato al software libero un canale di distribuzione rapido e poco costoso, capace di distribuire le ultime versioni e di ricevere con uguale velocità i miglioramenti, i suggerimenti e le correzioni provenienti dagli utenti.

Rimane la domanda centrale : che cosa spinge migliaia di persone nel mondo a contribuire allo sviluppo dei programmi resi disponibili ? Secondo il professore di diritto Eben Moglen, una delle persone vicine a Stallman, « è semplicemente un comportamento umano. Simile alla ragione per cui noi tutti inventiamo delle parole nuove : perché ne siamo capaci. L’Homo ludens incontra l’Homo faber. La condizione sociale dell’interconnessione globale che noi chiamiamo Internet rende possibile per ciascuno di noi una creatività con modalità nuove che non consideravamo nemmeno in sogno . A meno che noi non autorizziamo la « proprietà » a interferire [10] » . Moglen sottolinea qui l’elemento naturale della creatività : il gioco, il piacere e il soddisfacimento dei propri desideri . I primi creatori di un software rispondono il più delle volte a un loro bisogno; mettere a disposizione il proprio lavoro è solo un mezzo per poter sviluppare la loro creazione . Questo aspetto è completato dalla convinzione di far parte di un gioco a somma positiva, una convinzione già osservata nel caso della seteria di Lione.

I software liberi mostrano anche la diversità delle spinte a contribuire a un lavoro collettivo, invece di accontentarsi del freeriding, espressione che definisce i comportamenti parassiti in cui si approfitta del libero accesso senza portare alla comunità il contributo delle proprie competenze . La retribuzione simbolica è molto forte perché i software liberi sono accreditati e i programmatori più brillanti sono identificati in fretta, a volte sono venerati dai loro pari e corteggiati dalle imprese desiderose di assicurarsi le loro competenze. Altrettanto importante è il sentimento di libertà prodotto dalla partecipazione a un progetto di software libero. A questo si aggiunge che, come sottolineavano Dominique Foray e Liliane Hilaire Perez « i partecipanti attribuiscono valore al sentimento di controllo sulla direzione del loro lavoro, fattore che costituisce una grande differenza con la natura del lavoro effettuato in un’impresa . I membri di queste comunità scelgono il progetto, il compito sul quale lavoreranno e l’approccio tecnico a questo compito [11] » .

Infine, e non è la caratteristica meno importante del « libero », il Bazar ha sedotto alcune imprese che ci hanno visto un mezzo per aumentare i loro profitti. E’ il caso dell’IBM, che pure è l’archetipo del modello Cattedrale, che ha fornito un fragoroso sostegno a Linux a partire dal 1999. Come altri, IBM ha visto quali vantaggi trarre da un tale modello ; non vende, a essere precisi, Linux, ma dei servizi basati sul sistema operativo : formazione, installazioni, adattamenti. Il matrimonio della Cattedrale e del Bazar ha generato una forma originale di economia mista. I progetti più ambiziosi sono sostenuti da delle fondazioni, essi ricevono dei contributi che provengono dai militanti e dagli utenti, ma anche da aziende e governi . Allo stesso modo, lo statuto degli sviluppatori è molto vario e si incrociano all’interno di queste comunità dei volontari, dei dipendenti di aziende, o dei ricercatori di laboratori pubblici.

[1] In un programma si distingue il « codice sorgente », che è scritto dai programmatori e si presenta sotto forma di linguaggio strutturato , comprensibile e modificabile da un essere umano, dal « codice binario » leggibile unicamente dalla macchina. Si passa dal codice sorgente al codice binario con una operazione chiamata « compilazione » . I software detti proprietari, in particolare quelli di Microsoft, sono forniti direttamente in codice binario, senza il codice sorgente. Perciò non si possono modificare .

[2] Richard Stallman, « Le Manifeste GNU », in Libres Enfants du Savoir Numérique, l’Eclat, 2000.

[3] Acronimo ricorsivo di Gnu’s not Unix (Gnu non è Unix), riferito al sistema operativo Unix a cui Richard Stallman si ispira.

[4] L’uso di GNU/Linux permette di accreditare insieme il lavoro della fondazione di Richard Stallman e quello di Linus Torvalds. Per semplicità è il termine « Linux » che viene spesso utilizzato per evocare GNU/Linux. Un’abbreviazione che suscita la riprovazione, a volte virulenta, di RMS e del suo entourage.

[5] Netcraft Survey, vedi www.netcraft.com

[6] « Linux is a cancer that attaches itself in an intellectual property sense to everything it touches. [...] The way the license is written, if you use any open-source software, you have to make the rest of your software open source ». Intervista di Steve Ballmer, Chicago Sun-Times, 1^ giugno 2001.

[7] I dibattiti semantici attorno a « software libero » o « open source » somigliano spesso a dialoghi tra sordi , le loro definizioni variano a seconda degli autori.

[8] Michel Vivant, « Propriété intellectuelle et nouvelles technologies, à la recherche d’un nouveau paradigme », Conference tenuta nel quadro dell’università di tutti i saperi, 2000. Disponibile su www.freescape.eu.org/biblio.

[9] Eric Raymond, « La Cathédrale et le Bazar », 1998, trad. Sébastien Blondeel, disponibile su Biblio du Libre. Nel suo articolo, Eric Raymond parla piuttosto di stile Cattedrale nel caso dello sviluppo centralizzato di software, un modello spesso applicato sia in ambito accademico che aziendale .

[10] Eben Moglen, « L’anarchisme triomphant : le logiciel libre et la mort du copyright », 1999, trad. Jérôme Dominguez, www.freescape.eu.org/biblio

[11] Dominique Foray et Liliane Hilaire Perez, The economics of open technology, op. cit.

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